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(Trento 1921 – 2008)

 

Lo si poteva incontrare lungo il Fersina dove passeggiava, alla messa della domenica dei Bertoniani, alla Sat durante gli incontri culturali e - immancabile - a ogni concerto della Filarmonica. Ma non faceva la vita del pensionato. Andava tutti i giorni in fabbrica, nonostante avesse da tempo ceduto ogni responsabilità gestionale al figlio Enrico, seguiva i problemi, visitava le filiali all'estero, curava le relazioni. L'azienda, la fabbrica di prodotti chimici che ne porta il nome, era il suo mondo, il suo «primo mondo», perché il «secondo» erano poi la montagna e i viaggi.

L'azienda l'aveva ricevuta dal papà, il fondatore, nel secondo dopoguerra, quando c'era tutto da ricostruire e assieme al fratello Fulvio l'aveva consolidata, accresciuta, specializzata, resa leader, mantenendole però caratteristiche di tenace serietà. Zobele aveva un'idea ben precisa, in sintonia con le sue sensibilità umane e le sue curiosità umanistiche: le imprese devono remunerare col profitto i capitali investiti, ma servono soprattutto a dare lavoro. Creano prodotti e creano posti di lavoro per le famiglie. Costruiscono un territorio sociale prima che economico. Lugi Zobele era, senza alcun dubbio, un uomo dell'economia reale, non di quella virtuale. Controllava i conti con rigore asburgico, non aveva paura di investire, ma non voleva fare mai il passo più lungo della gamba.
Era molto «trentino» in questo, ed erano doti che gli sarebbero risultate preziose nel suo lungo impegno alla Sat, prima come presidente della Sezione di Trento (che rilanciò rinnovandone la sede e incoraggiando i giovani degli anni Sessanta alle battaglie in difesa della natura: senza di lui il libretto «Brenta da salvare» non sarebbe uscito) poi come presidente generale del sodalizio per un periodo cruciale di ben 12 anni, a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta. In quel ruolo divenne l'animatore della fruttuosa stagione di restauro e rinnovamento dei rifugi della Sat, per adeguarli alle mutate esigenze di un alpinismo e turismo montano in rapida evoluzione. Riuscì a farlo mantenendone ferme le caratteristiche di sobrietà. Nonostante l'appoggio provinciale gli investimenti, i mutui, i piani finanziari facevano «tremare le vene ai polsi» di molti soci e consiglieri. Ma Gino Zobele li tranquillizzò, stese un preciso piano finanziario pluriennale e, un passo alla volta, completò il disegno strategico, lasciando i conti Sat in pieno ordine, anche se il Vioz impensieriva un po'. La sua presenza fu decisiva. Ma anche in azienda portò la fabbrica a misura in modo tale che il figlio Enrico potesse poi lanciarla in una dimensione internazionale e multinazionale. Era il suo stile.

La montagna e i viaggi furono però la grande passione di Gino Zobele. Fu pioniere soprattutto nello sci alpinismo (fra i primi a seguire Toni Gobbi nelle sue «settimane» e a importarne le esperienze nel Trentino) e nei trekking anche all'estero, tanto che divenne rappresentante italiano nell'UIAA, l'unione internazionale delle associazioni alpinistiche. Ma non mancava di essere assiduo alle gite di sezione, sui monti di casa. Di viaggi ne portò a termine 130 (fu tra i primi a visitare la Cina, nel 1963) e ne trasse una documentazione fotografica estesissima (migliaia di diapositive).

Di Zobele resta soprattutto il ricordo di un uomo curioso e generoso, purché le sue iniziative fossero legate a progetti precisi e non si disperdessero in rivoli inutili. In tal senso finanziò per la costruzione di scuole professionali, orfanatrofi in Africa in collaborazione con l’Associazione Spagnolli-Bazzoni ONLUS.